Cronaca

Ariccia, a un anno dalla morte dell’eroica Elisabetta Silenzi parla l’avv. Lucantoni: “I responsabili civili risarciscano i danni”

Elisabetta Silenzi

Non aveva pensato a salvarsi, ma si era buttata sull’omicida per fermarlo e aiutare altre persone, prima di restare uccisa dal killer che l’aveva freddata a bruciapelo con un colpo di pistola. L’ultimo gesto eroico di Elisabetta Silenzi, la 55enne di Ariccia, una delle 4 vittime della strage di Claudio Campiti (le altre furono Sabina Sperandio, Nicoletta Golisano e l’adorata zia, Bruna Marelli) avvennuta l’11 dicembre 2022 durante un’assemblea consortile in via Monte Giberto, a Fidene.

Adesso 13 testimoni, molti dei quali salvati da Elisabetta, mamma di due ragazze di 22 e 24 anni, hanno scritto al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e al prefetto, Lamberto Giannini, per chiedere un riconoscimento in sua memoria. «Con il suo coraggio Elisabetta ha anteposto l’incolumità altrui alla sua vita, evitando che ci fosse una strage ancora più efferata, pagando tutto con la sua esistenza e permettendo a tanti di noi di essere qui, a scrivere questa lettera».

L’omicidio della contabile, molto conosciuta anche ad Albano, aveva scioccato la comunità dove la notizia dell’uccisione era piombata come un proiettile quella domenica mattina. «Il riconoscimento al valore per Elisabetta Silenzi – commenta Sabrina Lucantoni, avvocata del marito e delle figlie della vittima – sarebbe un atto di grande civiltà per ricordare il coraggio di una donna che ha posto prima della propria vita quella degli altri presenti.

Dagli atti del processo, emerge che a Campiti era stata consegnata dai preposti del Tiro a segno nazionale, sezione Roma, l’arma con la quale ha compiuto gli omicidi e i tentati omicidi. La deduzione successiva è che non sono state adottate le necessarie misure per evitare che l’evento, pure prevedibile, si verificasse.

L’omessa vigilanza del Ministero della Difesa, combinata con le inefficienti regole di governo adottate dal Tiro a segno nazionale e avallate dalle omissioni della Difesa e del ministero degli Interni nella catena dei controlli hanno reso possibile all’omicida di impossessarsi in maniera indisturbata di un’arma e girare per la città con tutta tranquillità. Campiti sarà comunque condannato considerata la mole di prove – è la conclusione – ma i responsabili civili, che sono enti statali, debbono provvedere a risarcire i danni subiti dalle persone offese e costituite parti civili, senza indugio».

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