Cronaca

“Sangue infetto da una trasfusione del 1981 all’Ospedale di Marino”: dopo decenni l’indennizzo ad una donna allora 14enne, oggi affetta da Epatite B irreversibile

Marino Ospedale San Giuseppe

Una lettera giunta alla nostra redazione riaccende i riflettori su una dolorosa vicenda sanitaria che affonda le sue radici nell’ormai lontano 1981. Protagonista di questa storia è una donna di Marino, che dopo ben 43 anni ha ottenuto giustizia per le trasfusioni infette subite da adolescente presso l’Ospedale “San Giuseppe” di Marino. La sentenza del Tribunale di Foggia condanna il Ministero della Salute a riconoscere l’indennizzo previsto dalla legge, ma il cammino per il pieno risarcimento è ancora lungo.

È una storia lunga e dolorosa quella che ci è stata segnalata in redazione, una vicenda che riporta alla luce un episodio accaduto oltre tre decenni fa e che solo ora trova il suo primo riconoscimento giudiziario. Siamo nei primi anni Ottanta, quando l’Ospedale Provinciale “San Giuseppe” di Marino, come molti altri in quegli anni, non disponeva delle sofisticate tecnologie diagnostiche di oggi, e le trasfusioni di sangue, anziché salvare vite, diventavano spesso fonte di infezioni virali. È questo il caso di una donna di Marino, all’epoca una giovane di 14 anni, che venne sottoposta a una serie di trasfusioni per curare una grave forma di anemia. Solo nel 2018, a distanza di ben 33 anni, scoprì che molto probabilmente (per il Tribunale è proprio così) quelle trasfusioni le avevano trasmesso il virus dell’epatite B, cambiandole la vita per sempre.

Oggi, grazie all’intervento dell’avvocato Renato Mattarelli e dopo una lunga battaglia legale, il Tribunale di Foggia ha emesso una sentenza che condanna il Ministero della Salute al pagamento di un indennizzo, aprendo la strada per ulteriori riconoscimenti dei danni subiti.

A spiegare quanto accaduto è il legale della donna, l’avvocato Renato Mattarelli, dello Studio Legale Mattarelli-Mezzini.

IL TRIBUNALE CONDANNA IL MINISTERO DELLA SALUTE

“Aveva 14 anni quando nel maggio del 1981 veniva trasfusa con diverse sacche di sangue presso l’Ospedale Provinciale “San Giuseppe” di Marino (RM). La giovane di Marino era stata colta da un evento acuto di anemia emorragica. La vita della giovane sembrava proseguire al meglio fino a quando nel marzo del 2018, dopo 37 anni da quelle trasfusioni, donna scopriva di essere stata contagiata dal pericoloso virus dell’epatite B. È stato a seguito di un controllo di routine dell’esame del sangue che alla donna veniva comunicato un rialzo anomalo delle transaminasi del fegato ad allarmare i medici della possibile necrosi del fegato e ad avviare la paziente ai test di eventuali virus epatici. Da qui il calvario della donna a cui veniva comunicato di essere affetta da un’epatite B irreversibile in stato avanzato e che – a differenza dell’epatite C curabile con farmaci di ultima generazione capaci di eradicare il virus – per l’epatopatia di tipo B non c’è ancora una cura eradicante.

La donna di Marino rimaneva sconcertata quando i medici l’hanno informata che il virus dell’epatite B si contrae con difficoltà ed è tipico dei tossicodipendenti, prostitute, soggetti dediti a promiscuità sessuale oltre ai soggetti dializzati ed emotrasfusi! Solo dopo aver riordinato i propri ricordi la donna ha fatto mente locale di quel lontano ricovero di 37 anni prima. Ma non ricordava nemmeno di essere stata trasfusa quando era appena una ragazzina di 14 anni.

Si rivolgeva all’avvocato Renato Mattarelli che, dopo la richiesta della cartella clinica con le annotazioni delle trasfusioni, procedeva alla richiesta al Ministero della Salute del risarcimento dei danni nonché dello speciale indennizzo previsto dalla legge n. 210/1992 per i soggetti danneggiati da trasfusioni di sangue e vaccinazioni. Dopo diversi rifiuti amministrativi dell’Asl e del Ministero della Salute e una battaglia legale iniziata nel 2020, l’avvocato Mattarelli chiedeva e finalmente ha ottenuto dal Tribunale di Foggia (città in cui la donna di Marino ha la residenza formale) la sentenza n. 2408 del 18/09/24 con il riconoscimento dell’indennizzo a vita di 1.700 euro bimestrali, oltre agli arretrati di circa 40mila euro a titolo di indennizzo legge n. 210/1992.

Questa prima vittoria sarà <<…il punto di partenza per far ottenere alla mia assistita l’integrale risarcimento dei danni che non sono di certo compresi nell’assegno mensile ottenuto. La donna infatti, a seguito della consapevolezza del contagio, è caduta in una grave depressione reattiva che le impedisce di lavorare e di vivere una vita serena, condizionata dai continui controlli di monitoraggio di eventuali aggravamenti dell’epatite B…>> dichiara l’avvocato Renato Mattarelli, che ha all’attivo centinaia di casi simili.”


Questa vicenda, seppur drammatica, rappresenta un importante passo verso la giustizia per chi ha subito danni a causa di intoppi sanitari. La battaglia legale non è ancora conclusa: oltre all’indennizzo economico, ha fatto sapere il legale, si punta ora a ottenere un risarcimento che tenga conto anche dei gravi danni psicologici e materiali subiti.

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