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Il Caso Aldo Moro, la seconda parte del racconto. Domande e misteri mai risolti sul delitto dello statista DC

aldo moro

Moro, ancora – II° parte

Continuiamo questo breve racconto su Aldo Moro, proponendo alcune domande che dopo 47 anni non hanno trovato ancora risposta. Domande che potrebbero sembrare secondarie, ma tali non sono.

“Tutto quello che avreste voluto sapere su una Renault 4 Rossa”  e non avete mai avuto il coraggio di chiedere.

Mi sono sempre domandato, come sia stato possibile trasportare il corpo di Moro rannicchiato nel bagagliaio, da via Montalcini a via Caetani, senza che questo rotolasse e subisse comunque gli scuotimenti tipici della spartana autovettura francese. Infatti il pianale della vettura è un tutt’uno con il portabagagli da cui è separato solo dai sedili posteriori e non avrebbe potuto trattenere
fermo il corpo. La pavimentazione del lungotevere, formata da sampietrini e l’andamento oscillante della vettura, avrebbero dovuto causare un rotolamento disordinato del cadavere. La posizione composta in cui è stato ritrovato invece, fa pensare che il tragitto ed il tempo tra l’omicidio ed il parcheggio in via Caetani sia stato molto breve. Forse addirittura solo pochi minuti e pochi metri.

E’altresì inverosimile che i brigatisti abbiano corso il rischio di un controllo (date le decine di posti di blocco che operavano nella capitale e nella provincia) durante il tragitto – 9 km – tra via Montalcini ed il ghetto, come da loro asserito. Non sarebbe stato molto meno rischioso usare come prigione uno dei locali a piano strada (magari un passo carrabile) nei pressi di palazzo Caetani e poi spingere a mano la vettura al parcheggio a lato del marciapiede dove è stata successivamente ritrovata? Il cortile interno di palazzo Caetani, potrebbe a distanza di tanto tempo, riservare ancora delle sorprese.

Le 200 ore

Il cosiddetto “Processo Popolare” (quello di cui nessuna parte sarebbe dovuta essere nascosta al popolo- vedi alla voce: Gladio,
stragi di stato e limitrofi) è durato 55 giorni. Volendo quantificare il tempo per l’interrogatorio dello statista, possiamo ipotizzare che i giorni impiegati furono circa 50. Valutiamo una durata di ogni interrogatorio di circa quattro ore e quindi arriviamo ad un monte ore di circa 200.

E’ probabile che tutti gli interrogatori siano stati memorizzati con un sistema VHS o quantomeno su cassette audio. Dette registrazioni sarebbero state necessarie per la scrittura dei verbali del “Memoriale Moro”. Tra l’altro, avere nelle proprie mani questo materiale, rappresenterebbe tutt’oggi un grandissimo potere a vari livelli.

Infatti chi ha potuto maneggiare – anche per breve tempo i manoscritti originali trovati nel 1990 a via Montenevoso a Milano –
ha sfruttato una corsia preferenziale per scalare la P.A. e fare splendide carriere. Dov’è il materiale video/audio degli interrogatori? Chi ancora lo detiene? Cosa ne farà nel futuro?

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Non è un formula di chissà quale equazione algebrica. E’ semplicemente la sintesi delle sigle delle munizioni impiegate a via
Fani e di cui è ancora poco chiara la provenienza. Sono 91 colpi sparati da tre mitra di fabbricazione italiana e da due pistole. Sono
tutti dello stesso calibro, il calibro 9×19 parabellum. Sono siglati GFL (acronimo della ditta Giulio Fiocchi Lecco). Hanno inciso un
cerchietto con dentro una croce, simbolo del munizionamento NATO. Potrebbe bastare per approfondire?

Un quartetto di buon livello. Mino, Teresilla , Giustino e “Maurizio”

Mino Pecorelli sapeva qualcosa di molto compromettente, tanto da essere ucciso da un killer rimasto sconosciuto. E’ lui che cita il legionario Giustino De Vuono, forse morto, forse sepolto, forse boh (!). Forse il killer dello statista. “Maurizio” al secolo Mario Moretti : sei (6) ergastoli, semilibero, impegnato nel volontariato. Quali segreti custodisce per essere stato oggetto di tanta benevola grazia (carceraria) da parte del Presidente della Repubblica di allora?

Non sarebbe bastato diminuire il numero di ergastoli? E poi, l’emerito presidente che colloca brigatisti – mai pentiti, mai dissociati – in luoghi di lavoro ben renumerati e ben tutelati in ambito partitico, non suscita scandalo come logica ed etica vorrebbero? Chiara Barillà , meglio conosciuta come Suor Teresilla è il punto di riferimento, nel senso più ampio del termine, per i brigatisti detenuti nelle supercarceri (Paliano in particolare.) E’ lei che trasmette con assoluta segretezza il “memoriale Moro” ricevuto da Moretti&Morucci al Presidente della Repubblica.

Presidente assolutamente interessato a mantenere riservato tutto l’interrogatorio – quello vero, non censurato – del prigioniero suo compagno di partito. Moro che inizia a s/parlare dei “segreti di stato”: Gladio e Stay-behind su tutti.

Suor Teresilla muore la notte del 23 ottobre 2005 durante un affollato pellegrinaggio a piedi verso il Divino Amore, unica vittima deceduta sul colpo, travolta da una autovettura fuori controllo. Quando si dice “La Divina Provvidenza”!

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