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Velletri, l’intervista a Gianluca Piersanti:”La mia pizza preferita? Eccola…”. Il pizzaiolo pluricampione reduce da Las Vegas si racconta…

Dopo la vittoria al Pizza Expo di Las Vegas, abbiamo incontrato Gianluca Piersanti, proprietario della ormai nota pizzeria veliterna Casa Pi

Dopo la vittoria al Pizza Expo di Las Vegas, abbiamo incontrato Gianluca Piersanti, proprietario della ormai nota pizzeria veliterna Casa Pi (recentemente premiato anche in Comune dall’assessore Paolo Felci); un’occasione per conoscere la pizza che sta facendo il giro del mondo e tutto ciò che si cela dietro ad essa.

Dopo essere partito da Velletri per brillare negli USA, Gianluca ci racconti quest’esperienza tutta americana?

“Un’esperienza magnifica. Inizialmente io non volevo andare perchè mi sembrava un impegno troppo grande da portare avanti; ma sono stato spronato dalla mia famiglia, così abbiamo deciso di iscriverci a novembre 2023 e sapevamo che il viaggio sarebbe stato lungo ma stupendo: 13 ore di volo e tantissimi controlli di dogana con circa 26 ore di viaggio totali. Appena arrivati ci hanno subito messo al corrente delle regole che andavano spiegate prima di ogni competizione.

La nostra giornata iniziava circa alle 6 di mattina e terminava la sera oltre le 20. Siamo partiti in 4 e tutti da parti d’Italia differenti: un sardo, un pugliese, un laziale e un toscano; abbiamo gareggiato per 3 sere e la prima sera siamo subito risultati primi nella nostra categoria (Traditional American Pizza); è una competizione veramente grande: circa 150 persone per categoria e 500/600 persone nel complesso della gara.

La tua pizza ormai la conosciamo, ma cosa veniva preso in considerazione dalla giuria?

“La pizza era giudicata da una commissione interna e nascosta, chiaramente questo risulta difficile in un mestiere come il nostro dove la persona si invaghisce del tuo prodotto già attraverso le parole e la spiegazione che decidi di dare. Poi l’occhio vuole la sua parte, e infine il gusto.
Noi abbiamo partecipato alla Traditional American Pizza; ci veniva richiesto quindi una pizza tradizionale americana che fosse compatibile con i gusti di tutti i membri di una famiglia che doveva e poteva unire più generazioni. La pizza doveva avere una base di pomodoro e mozzarella con due ingredienti a scelta da una lista che ci veniva fornita; lo scopo era creare il topping perfetto senza eccedere e trovando il giusto equilibrio.

Io sono partito con tutti i prodotti possibili e che rappresentano il nostro paese: pomodoro e olio ad esempio, ho portato la mia terra in America tentando di unirla ai loro sapori attraverso l’utilizzo del salamino pepperoni. Lì ho trovato un farm maker che produce uno dei bacon affumicati più buoni della California, l’ho utilizzato per creare un sugo che poi è stato la base della mia pizza”.

Come ti sei trovato a lavorare negli USA?

“Benissimo, gli americani ci ammirano, ci vogliono bene e anche se noi non parliamo un inglese perfetto ci hanno aiutati tantissimo, anche l’accoglienza è stata ottima. Ci hanno dato un’eccellente base di lavoro e anche degli omaggi”.

CasaPi è un locale ormai affermato nei Castelli Romani, ci racconti come sei entrato a far parte del mondo della ristorazione e della pizza?

“Da quando ho 14 anni sono nell’ambito culinario e faccio il pizzaiolo da 8 anni. Inizialmente volevo fare il cuoco e tramutarmi in ristoratore, aprire la mia attività e lavorare in cucina. L’amore per la cucina me l’ha trasmessa mia mamma: quando aveva tempo cucinava per noi e credo che questo sia il gesto più puro e bello che qualcuno possa fare per dimostrare affetto. Io ho iniziato a fare la pizza per gioco, ho frequentato varie pizzerie di Velletri, pulendo e spazzando, ma non mi interessavo agli impasti e ai ‘segreti’ dei pizzaioli.

Mi sono diplomato all’età di 22 anni dopo aver frequentato la scuola alberghiera a Fiuggi e a Marino, il mio obiettivo rimaneva sempre quello di fare il ristoratore e io non lo perdevo mai di vista. Arrivò poi un’offerta di lavoro in Costa Smeralda dove avrei fatto il cameriere, da lì mi sarei spostato in cucina per via della mancanza di personale; io non ho mai chiesto soldi, sapevo che tutto quello che stavo facendo lo facevo per me, seminavo per raccogliere un domani; il mio scopo era fare esperienza per capire meglio questo mondo.

Un giorno il pizzaiolo si fece male e non potè lavorare, lì feci il mio primo impasto e sfornai le mie prime 20 pizze. Tornato a casa lavorai per qualche tempo a Campoleone come pizzaiolo, e in quel periodo ebbi un brutto incidente con la moto e persi il mignolo della mano destra. Ma il mio obiettivo non cambiava, io volevo fare il ristoratore, quindi andai avanti nonostante tutto e mi trovai a lavorare come barista a 23 anni con la stecca alla mano in attesa dell’operazione.

Il mio ideale era andare via da qua, volevo andare in Emilia Romagna e trovare lavoro lì; proprio il giorno della mia partenza mi fermò un mio vecchio compagno di scuola che lavorava in una pizzeria qui a Velletri e mi chiese di lavorare con lui per tutta l’estate. Sono rimasto con loro 8 anni, iniziando come cameriere per poi fare le pizze; da lì ho iniziato a studiare, conoscere questo mondo e fare le mie prime gare”.

Come vivi le gare e le competizioni alla quale partecipi?

“Non nego che inizialmente ne ho fallite parecchie, ma con il passare del tempo e con lo studio sono riuscito ad arrivare gradualmente alle vittorie che desideravo; nel 2022 ho vinto a Roma il campionato della Pizza in Teglia e l’anno scorso ho vinto i mondiali a Parma, tutto il team era incredulo perchè è stata una vittoria totalmente inaspettata, in ogni caso ci ha dato un biglietto in più per presentarci a Las Vegas.
Penso che le gare, i viaggi e la competizione siano essenziali in un mestiere come questo: conoscere nuovi posti, assaggiare nuovi sapori ed entrare in contatto con nuove culture ci da la scossa per continuare a praticare quest’arte con estrema passione. Prima la pizza era vista come un ripiego della ristorazione, oggi è un prodotto sacro che va conservato e preservato in ogni modo”.

Che rapporto hai con i tuoi impasti e con le tue pizze?

“La pizza mi ha salvato la vita, impastare per me è fondamentale e se non lo faccio per qualche giorno sento che mi manca qualcosa. Non è solo lavoro, è passione, dedizione, ricerca e tanto amore. Qualcosa che non si fa solo ed esclusivamente per gli altri ma anche per se stessi; fa parte di me da sempre, è la mia vita”.

Quali sono i prossimi obiettivi?

Sicuramente difendere il mondiale di Parma: il 9, 10 e 11 aprile dobbiamo combattere per mantenere il titolo, sempre restando umili e mantenendo un atteggiamento positivo, senza sentirsi vincitori e senza adagiarsi sugli allori.

È il secondo anno che partecipate a Sanremo, ci vuoi raccontare qualcosa di questa esperienza?

Sanremo è stata una bellissima sorpresa, abbiamo partecipato per la prima volta nel 2023 dopo la vittoria della Pizza in Teglia e che abbiamo riproposto durante il Festival, eravamo impauriti ma non ci siamo persi d’animo, ci siamo divertiti e le soddisfazioni non hanno tardato ad arrivare. Abbiamo fatto colpo e siamo piaciuti, tanto che casa Sanremo ci ha ricontattati, quest’anno ci hanno fatto parte di casa CocaCola, uno spezzone dove si sfornavano le nostre pizze. Abbiamo impastato dalle 200 alle 400 pizze portafoglio base margherita, la serata passava come se fossimo in discoteca: Sanremo in quel periodo è pura vita, è festa, non c’è modo di essere tristi.
Siamo stati contatti anche per il prossimo anno, ma i progetti per il 2025 sono altri”.

Una curiosità, qual è la tua pizza preferita?

“Ne ho tantissime, ogni pizza racconta un mio viaggio, sia personale che culturale. Se devo sceglierne una ti parlo della mia Barceloneta che ricorda un viaggio con la mia compagna: eravamo sulla Rambla e trovai un forno che sfornava due tipi di pizze, quella rossa e la focaccia. Presi un pezzo di pizza rossa e poco dopo arrivammo ad un chiosco che offriva degustazione di ostriche e champagne, ma io feci un’altro tipo di abbinamento, presi il salmone con della rughetta che misi sopra alla mia pizza, l’assaggiai.

Il mio cervello si spense, quando tornai in Italia mi misi a lavoro e ricreai quel gusto con la mia Barceloneta: base rossa con della rughetta, del salmone norvegese, una maionese al lime e pepe rosa fatta in casa, una grattugiata di lime e dei fili di peperoncino. Ogni pizza è una storia da raccontare a chi si siede al nostro tavolo, ogni viaggio lo racconto attraverso gli ingredienti e molto presto anche la pizza di Las Vegas sarà nel nostro menù”.

Ultima domanda, che cos’è CasaPi per te?

“CasaPi è una bella scommessa. Noi abbiamo aperto durante il Covid e dopo soli 40 giorni di attività abbiamo dovuto chiudere. Io ringrazio quel momento perchè ci ha permesso di seminare il nostro lavoro, la novità attira sempre ma dovevamo essere in grado di mantenerla; non ho mai deciso di fare volantinaggio, lo trovo uno spreco di carta, tutta la mia reputazione si è costruita sul passaparola e sulla fiducia che i clienti hanno avuto in noi.  Spesso non reggevamo i ritmi, è capitato di doverci mettere a tavolino più e più volte per capire e risolvere i problemi e gli ostacoli che la vita ci continuava a mettere davanti; abbiamo deciso di portare la qualità e non la quantità, è importante che quando un cliente si alza da tavola rimanga qualcosa che lo invogli a tornare, perchè voglio essere sicuro di aver trasmesso un pezzo della mia storia; a noi non piace fare i numeri, a noi piace fare la pizza”.

 

 

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