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La protesta contro l’Inceneritore di Roma è ripartita da Cecchina: tutti uniti contro “Il grande imbroglio” fotogallery

ALBANO - A Cecchina partecipata assemblea contro l'inceneritore di Roma

Le convergenze tra i Comitati contrari all’inceneritore e i sindaci dell’area ardeatina e dei Castelli Romani ci sono, l’unità pure. Ma la sensazione che serpeggia durante l’assemblea convocata per fare il punto della situazione dell’inceneritore a Santa Palomba, a più di un mese dalla manifestazione in Campidoglio è quella di trovarsi di fronte ad un impenetrabile muro di gomma.

Che si riuscirà a scalfire prima o poi, ma solo con la lotta, con «intenti chiari e che vadano a “spaccare”, se necessario – per la consigliera regionale Alessandra Zeppieri  – perché altrimenti le nostre parole rimarranno tali». Nella sala parrocchiale di San Filippo Neri a Cecchina ieri pomeriggio si è dispiegata la forza della volontà, rappresentata dai numerosi cittadini accorsi, e dalla voglia di andare avanti «fino in fondo» contro il mostro che il sindaco Gualtieri e la sua giunta hanno imposto «con un atto d’imperio» – come sottolineato da Tonino D’Annibale di Future Generazioni –, «un residuo industriale, una baracca da 7 miliardi e mezzo di euro».

In apertura c’è spazio per il dolore per la perdita di Ettore Ronconi, presidente di Uniti per la Salvaguardia del Territorio, venuto a mancare nei primi giorni dell’anno: «Il suo motto Uniti si vince non è retorica ma verità dei fatti – ha ricordato Manolo Tuzzi nella commemorazione – per noi il vincitore è Ettore».

Vincere la battaglia contro quello che in molti, soprattutto nei media, si ostinano a chiamare ancora “termovalorizzatore” non sarà facile, come ricordato dalla maggior parte degli interventi, perché gli interessi sono enormi e la visibilità delle lotte è scarsa e minimizzata dalle istituzioni, come ricorda Alessandro Lepidini del Comitato No Inceneritore a Santa Palomba: «Volevamo fare la ‘Befana No Inc’ e non l’hanno autorizzata. Anche stavolta ci hanno impedito di andare perché diamo fastidio: e Gualtieri poi dice che nel nostro territorio non ci sono particolari proteste. Ma noi ci faremo vedere, le persone devono scendere in piazza, ci andremo a riprendere quel sito che non è di Ama: è nostro, è il nostro futuro e la nostra vita. Dobbiamo dirlo a voce alta che quella ‘roba’ non si farà mai. Dobbiamo prepararci quindi a fare una grande manifestazione che parta da tutti i territori e arrivi lì, a Santa Palomba, perché quello è il nostro territorio e non lo dobbiamo mollare per nessuna ragione al mondo». Lepidini ha poi continuato: «Ad Acerra hanno dimostrato il nesso tra elevata incidenza dei tumori e presenza dell’inceneritore: proprio per questo, per la nostra salute e per quella dei nostri figli non dobbiamo permettere che questo scempio si realizzi».

Ha poi puntato sul paradosso dell’inceneritore di Modena che chiuderà i battenti nel 2034: «Questo perché la raccolta differenziata è aumentata al punto tale che quell’inceneritore non serve più. Ormai dunque si è capito cosa sta facendo la giunta capitolina: sta ipotecando il nostro futuro per i prossimi quarant’anni perché quel contratto capestro di cui parlava poco fa Giuseppe Girardi vincola Roma a doversi servire dell’inceneritore per un lunghissimo periodo di tempo, perché i 7 miliardi e mezzo vanno realizzati da chi farà e gestirà l’impianto, ovvero Acea e tutta la cordata di multinazionali, perché hanno una prelazione».

«Titolo più azzeccato per la manifestazione di questa sera non poteva esserci: il grande imbroglio – ha proseguito Lepidini – poiché di questo si tratta». Una delle proposte del Comitato No Inc riguarda i Comuni colpiti da inquinamento: «Istituzione per legge di referendum territoriali a cui possano partecipare solo le popolazioni colpite da simili atti, apertura di discariche o di inceneritori come in questo caso – ha aggiunto Lepidini – e mi rivolgo all’onorevole Zaratti, perché nessun governo, nessun Comune ha il diritto di disporre per 30 o 40 anni del futuro dei territori: Roma non potrà più dire “andiamo a costruire l’inceneritore a Santa Palomba”: questo non può essere». «Gualtieri – ha concluso Lepidini – è l’utile frontman dell’incenerimento, ma a Santa Palomba, costi quel che costi il mostro non lo faranno mai».

Presenti all’assemblea anche i sindaci del territorio dei Castelli Romani e dell’Ardeatina come Massimiliano Borelli di Albano, Stefano Cecchi di Marino, Maurizio Cremonini di Ardea, Alberto De Angelis di Castel Gandolfo, Gianluca Staccoli di Ariccia e Veronica Felici di Pomezia: tutti concordi nel sottolineare la trasversalità e l’unità di intenti delle istituzioni «che con la loro funzione difendono il territorio e i cittadini da ogni forma di sopruso» ha dichiarato D’Annibale al momento di presentarli ai partecipanti. Ciascuno di loro si è soffermato sulle singole criticità dell’azione innescata dal sindaco e Commissario straordinario di cui molti hanno chiesto la revoca dei poteri («Cosa c’entra l’inceneritore con il Giubileo?» si è chiesto il deputato Filiberto Zaratti, unico parlamentare presente in assenza del senatore Marco Silvestroni e del deputato Andrea Volpi) o sulla difficoltà espressa da Borelli di condividere con Gualtieri la stessa parte politica.

Contraddizioni che, forse, si risolveranno solo quando arriverà il momento di chiudere veramente la partita. Solo allora si capirà, come qualcuno ha sussurrato a taccuini chiusi, chi stava realmente contro l’inceneritore e chi no. Come quando il portavoce di Rete Tutela Roma Sud Marco Alteri ha ricordato all’attento uditorio che «[…] il Partito Democratico, con Ignazio Marino, ha dimostrato che quando vuole sa ripudiare il sindaco di Roma: un atto eversivo, con pretesti rivelatisi poi infondati».

Un’amministrazione che «in appena due anni, portò la differenziata dal 27% al 41%, aveva previsto azioni concrete di riduzione dei rifiuti con l’istallazione di case dell’acqua nelle zone turistiche per ridurre il consumo di bottigliette di plastica. Soprattutto aveva appena approvato un piano industriale di Ama che prevedeva impianti di proprietà, che puntavano al recupero materia con un duplice vantaggio per Roma, economico oltre che ambientale; infatti, avrebbe evitato l’enorme costo del termovalorizzatore che graverà sui romani, trasformando i TMB in fabbriche di materiali da vendere e quindi una fonte di entrate».

Un piano, a detta di Alteri, «che avrebbe fatto saltare un business enorme, che la cricca del termovalorizzatore ha quantificato in 7,4 miliardi di euro e chi è venuto dopo ha la responsabilità di non aver dato seguito a quel piano industriale, e non averne proposto nemmeno uno alternativo, cambiando ogni stagione assessore ai rifiuti e top management di Ama».      

Sul palco anche i consiglieri metropolitani Nicola Marini e Marta Elisa Bevilacqua, nonché il segretario generale della Cgil Lazio, Natale Di Cola, che è intervenuto ricordando la volontà politica di chiudere, alcuni anni or sono, il termovalorizzatore di Colleferro: “Il vero spreco – ha detto – è oggi quello di bruciare ancora i rifiuti”.

Particolarmente apprezzato anche l’intervento di Giuseppe Giraldi, del Comitato Tecnico Scientifico a coordinamento di tutti i comitati impegnati nella battaglia.

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