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Situazione drammatica al Lago Albano e al Lago di Nemi. Roberto Salustri: “Abbassamento acque raddoppiato”

abbassamento acque lago albano

“Dalla seconda metà degli anni ottanta i laghi dei Castelli Romani hanno iniziato ad abbassarsi in modo lento e continuo. I laghi, in condizioni normali tra estate e inverno compiono un’escursione di qualche decina di centimetri grazie alle piogge che alimentano le falde.

Questa escursione era stata d’altronde utilizzata per secoli come serbatoio idrico per l’agricoltura durante i mesi estivi già in epoca romana, grazie agli emissari e al sistema di dighe, cunicoli e canali che avevano realizzato.

L’abbassamento dei laghi intorno ai 20 – 30 cm l’anno, ormai pienamente accertato da diversi studi, è dovuto all’eccessivo sfruttamento della falda idrica. Una delle cose assurde di tutta questa situazione è che solo grazie a un gruppo di volontari, prima quelli del WWF Castelli Romani e poi quelli del Coordinamento Natura & Territorio coordinati dall’Ecoistituto RESEDA, se conosciamo l’andamento del livello dei laghi dagli anni ’80 a oggi, perché nessuna amministrazione pubblica ha provveduto, in 38 anni, a installare nuovi idrometri, visto che quelli vecchi sono ormai fuori dell’acqua da decenni.

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Purtroppo i politici locali non hanno ancora compreso la portata del problema e in certi casi hanno cercato di nasconderla alla popolazione. Ancora oggi i Comuni non stanno facendo nessuna delle azioni utili a risolvere il problema. In 38 anni abbiamo perso oltre 45 milioni di mc di acqua nei due laghi con un abbassamento del livello di oltre 6 metri e una quantità enormemente maggiore nelle falde.

I pozzi ormai attingono a profondità che hanno eguagliato il livello del mare svuotando le falde profonde dell’apparato vulcanico, riducendo anche per il futuro la capacità di assorbimento delle rocce e aumentando verso l’entroterra la percolazione dell’acqua del vicino mare. Inoltre ricordiamo che pretendere di prelevare acqua da altre zone del Lazio è assurdo; in una situazione di carenza delle risorse idriche generalizzata e che colpisce praticamente tutte le Provincie e le Regioni limitrofe, questa sarebbe solo un’opera inutile che sprecherebbe denaro pubblico.

Dal 2000 abbiamo iniziato a valutare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla situazione delle risorse idriche e lacustri anche nel territorio dei Castelli Romani. Gli effetti negativi attesi dovuti ai cambiamenti climatici sarebbero stati di due tipologie: quelli riguardanti il diverso andamento della pluviometria annuale, l’aumento dell’evapotraspirazione delle piante e l’evaporazione delle acque.

Ci aspettavamo più o meno la stessa quantità di piogge, solo estremizzata nelle stagioni – quindi grandi precipitazioni in inverno e siccità in estate – situazione che comunque avrebbe diminuito la quantità di acqua che sarebbe filtrata nel sottosuolo.

E per qualche anno l’andamento è stato effettivamente quello, fino al 2022, quando una siccità diffusa su tutto il territorio nazionale ha colpito profondamente l’Italia e parte del Mediterraneo. Infatti proprio nel Mediterraneo gli effetti dei cambiamenti climatici sono stati tre volte maggiori rispetto alla media mondiale.

Se avessimo avuto la quantità di acqua naturalmente accumulata nelle falde la situazione non sarebbe stata così grave; avremmo avuto un certo grado di resilienza, ma purtroppo abbiamo distrutto le riserve di acqua che la natura ha accumulato nelle rocce in centinaia di anni.

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Gli effetti sui laghi non si sono fatti aspettare: l’abbassamento del livello è raddoppiato e dopo oltre un anno la situazione non è cambiata. E come se non bastasse, un progetto di un mega-inceneritore incombe sul territorio, un assurdo progetto che consumerebbe più di un milione di mc di acqua ogni anno ed emetterebbe oltre un milione di tonnellate di gas climalteranti in atmosfera, segno che al peggio non c’è limite.

Ora la situazione è ben più grave di 40 anni fa; i cambiamenti climatici incombono già nel nostro presente, le riserve naturali di acqua potabile del nostro territorio sono al minimo storico.

Attualmente questo è il problema ambientale più grave che il nostro territorio sta vivendo e dovrebbe essere la nostra priorità!”.

Roberto Salustri

Direttore Tecnico scientifico – RESEDA onlus

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