Cultura

20 anni fa ci lasciava Vittorio Gassman, Velletri non dimentica: il ricordo della Fondazione Museo Luigi Magni e Lucia Mirisola

29 Giugno 2000 – 29 Giugno 2020. Vent’anni fa ci lasciava VITTORIO GASSMAN. Il percorso della memoria continua.

Gassman sul set di Scipione detto anche l’Africano con i fratelli Mastroianni e Luigi Magni

Lunedì 29 giugno si compiono i venti anni dalla morte di Vittorio Gassman anniversario che la Fondazione Museo Luigi Magni e Lucia Mirisola, di stanza a Velletri, non poteva lasciare cadere inosservato.

Il grande attore italiano vissuto nel nostro territorio, a Velletri ha sposato Diletta D’Andrea è stato diretto dal maestro Luigi Magni in due film che rappresentano una pietra miliare nella storia della filmografia del grande regista romano. Ci stiamo riferendo a Scipione detto anche l’africano del 1971 e alla Tosca del 1973.

A Gassman, Magni in questi due film ha affidato delle parti che oggi caratterizzano queste due opere sia per l’interpretazione da parte di Vittorio sia per i personaggi. Partiamo da Scipione detto anche l’Africano film che racconta due aneddoti storici: nel primo l’Africano straccia i rendiconti della spedizione di fronte al Senato, mentre nel secondo interrompe il processo esortando i senatori a seguirlo in Campidoglio, per festeggiare l’anniversario della vittoria di Zama.

L’abito realizzato dalla Tirelli su disegno di Lucia Mirisola per LA TOSCA

Le cose si complicano quando Catone presenta al Senato, durante il processo, una ricevuta che attesta che 500 talenti sono, effettivamente, stati ricevuti da uno dei due fratelli. La firma che reca il documento, però, è ‘Scipione A’. Come stabilire quale dei due fratelli sia il colpevole? L’Asiatico o l’Africano? Si tratta dell’Asiatico, come egli stesso, esasperato, confessa al fratello. L’incorruttibile Africano, allora, denuncia il fratello a Catone. Questi, però, più che a scoprire il colpevole della frode, è interessato a sottolineare come la Repubblica sia sempre più sensibile al fascino dei propri protagonisti. Questo atteggiamento, pericoloso per la democrazia, può essere ostacolato distruggendo il mito di Scipione l’Africano, dimostrando come questi sia “omo come tutti l’artri” e come “i giganti, se mai so’ esistiti, appartengono ar passato”.

Così, Catone convince l’Africano che la sua denuncia ha più l’aria di una poco onorevole spiata e, quando questi parte per prelevare il fratello, con l’intenzione di costringerlo a confessare al Senato, ordina che a tutta la famiglia vengano dati gli arresti domiciliari. Questo gesto sconvolge l’Africano, convinto che Catone fosse interessato a ristabilire la verità dei fatti.

Dopo una discussione con la moglie, ormai prossima al divorzio, però, capisce il suo status di monumento di una civiltà che non è più possibile. Si presenta così in Senato, violando gli arresti domiciliari, per autoaccusarsi di una colpa non sua, per poi ritirarsi in esilio volontario.

Mentre nella Tosca interpreta il perfido SCARPIA Il barone Scarpia, reggente della Polizia Pontificia, si mette alla ricerca di quest’ultimo servendosi della cantante Floria Tosca, amante di Cavaradossi, facendole credere che il suo uomo la tradisca. La donna, seguita di nascosto da Scarpia, giunge all’abitazione di Cavaradossi per coglierlo in flagrante, ma lo trova in compagnia di Angelotti. Capito l’inganno in cui è caduta, Tosca cerca a questo punto di aiutare l’amante, ma è ormai troppo tardi. Scarpia giunge alla casa e scopre Angelotti, che per non essere catturato si suicida. Arresta dunque il pittore per alto tradimento condannandolo alla forca. Il barone, invaghito di Tosca, le propone di liberare Cavaradossi a patto che lei gli si conceda.

Tosca accetta in cambio del permesso per Cavaradossi di uscire dallo Stato Pontificio. Egli acconsente e ordina allora ai suoi sgherri, in presenza di Tosca, di eseguire una fucilazione simulata. Dopo aver scritto il salvacondotto, Scarpia viene pugnalato alla schiena da Tosca, che corre subito dal suo amante, prigioniero a Castel Sant’Angelo. Cavaradossi viene però ucciso davvero e Floria si uccide a sua volta per la disperazione, gettandosi dagli spalti della fortezza.

In tutti e due i film è stato vestito dalla Signora Mirisola che ha realizzato per Gassman degli abiti particolari ricercati nei dettagli e nelle stoffe oggi custoditi presso la Tirelli spa.

Uno quello indossato da Gassman ne La Tosca è stato esposto a Velletri in occasione delle recenti grandi mostre organizzate nella sala centrale del Museo Luigi Magni e Lucia Mirisola.

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