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CN MOTORS – Quando sulle strade arrivarono le Pantere della Polizia: eccone alcune

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di Paolo Colò

Erano gli anni 50 e l’Italia andava verso il boom economico. Le città cambiavano, la gente si trasferiva dalle campagne verso le grandi città, in cerca di fortuna. Le periferie diventavano sempre più popolate. L’Italia stava cambiando. Con lei però stava cambiando anche la criminalità. Dal coltello, si passò alle pistole e dalla bici, alle moto ed alle auto. A questo cambiamento la polizia dovette dare una risposta forte. Fu così che per far fronte al crescendo della criminalità, la Polizia di Stato si dotò di un nuovo mezzo, l’Alfa Romeo 1900, che fu assegnato alla squadra mobile.

Era il 1952 e per le periferie delle grandi città cominciarono a farsi vedere le prime Pantere della Polizia. Così furono soprannominate affettuosamente le 1900 TI. La similitudine con l’agile e pericoloso felino non era un caso. Il tutto è da attribuirsi al muso dell’auto, al colore nero, ed ai fari gialli. Tutte queste caratteristiche fecero sì che la volate, di notte, sembrasse una pantera a caccia delle sue prede. In questo caso criminali in fuga dalla giustizia.

Oltre alla storia, L’Alfa Romeo 1900 della polizia era un capolavoro d’ingegneria per l’epoca. Sospensioni anteriore a quadrilatero trasversale, ammortizzatori telescopici e molle elicoidali, degne delle migliori top di gamma dell’epoca. Al posteriore vi era un ponte rigido con coppia conica ipoide ( che aumenta il momento trasmesso riduce gli ingombri e rumorosità), molle ad elica e ammortizzatori tubolari, collegato longitudinalmente al telaio tramite due puntoni di duralluminio. Questo sistema applicava al telaio delle spinte anti coricanti in curva. La versione per la squadra mobile aveva a disposizione una dotazione aggiuntiva degna delle migliori Bond Car. Sul tetto dell’auto era presente un portello, che aprendolo, permetteva agli agenti a bordo di poter sparare in pozione eretta. Eccellenti erano poi le protezioni. Blindatura del vano motore, protezione per le gomme contro proiettili e chiodi, costituita da una serie di corte catene, unite tra loro a formare una tendina, che copriva le ruote anteriormente. A protezione degli equipaggi, vi era un parabrezza blindato, che a differenza del modello di serie, era costituito da due lastre separate unite centralmente da un montante. Questo perché in quel periodo non vi era una tecnologia che permetteva di costruirne uno unico curvo. Completavano l’equipaggiamento un faro brandeggiabile e dei supporti per i mitra, posti sullo schienale dei sedili anteriore. Il sistema più innovativo era la radio posta a bordo di ogni veicolo. Tutte le auto della mobile erano collegate ad una centrale per mezzo di una radio. Fu così che per la prima volta era possibile coordinare un’emergenza in tempo reale.

L’Alfa Romeo propose diversi miglioramenti nel lungo periodo di produzione, che andava dal 1950 al 1959. Le prestazioni delle volanti erano identiche ai veicoli di serie e negli anni anche in Polizia hanno militato i diversi modelli aggiornati. La Prima serie della 1900, presentata il 2 Ottobre 1950 a Milano, era motorizzata con un’unità di 1.975 cm³, con un carburatore singolo, in grado di sviluppare ben 90 cv. Il tutto per un peso a secco di 1050 kg. Seguì nel 1951 la versione coupé sportiva, denominata “Sprint” costruita dalla carrozzeria Turing, con ben 100 cv. Nel 1952, fu affiancata un’altra versione, la TI, la sigla sta per turismo internazionale, nata per venire incontro alle esigenze di chi partecipava a questa categoria. Il motore e la potenza era la sessa della Sprint. Cambiava la fasatura, più spinta, così che il motore erogava 100 cv a 5500 giri/min., fu aggiunto un carburatore doppio corpo e fu migliorata la frenata grazie a tamburi più grandi. Dal punto di vista estetico cambiava soltanto lo scarico, che diventava sdoppiato. Nel 1954, fu presentata la “Super”. Nata per l’esigenza di avere un motore più potente ed affidabile, era dotata di un motore derivato dal 1975 cm³ portato a 1884 cm³. L’aumento di cilindrata fu ottenuto aumentando l’alesaggio di 2 mm e lasciando invariata la corsa. Tutte le versioni assunsero la dicitura super: “Super” per la berlina normale, “Super TI” per la berlina potenziata, “Supersprint” per il coupé. Fu adottato un carburatore doppio corpo che portò la potenza a ben 115 cv sulla versione Supersprint. In questa versione inoltre fu adottato un cambio a 5 marce. Inoltre, furono introdotte anche migliorie estetiche con la versione Super, come il cruscotto con tre strumenti circolari, la scritta “1900 Super” e dei baffi sul frontale che avvolgono le luci di posizione.

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La Ferrari 250 GT/E del 1962, unico esemplare dato in dotazione alla Polizia Italiana dalla prestigiosa Casa di Maranello e assegnato alla Questura di Roma dal 1963 al 1973

In ultimo dobbiamo riflettere anche su come un’auto sia diventata un fenomeno sociale. Molto prima della pubblicità in TV o su internet.  La prima pantera che girando per le periferie dava un senso di sicurezza faceva sognare i bambini mentre passava a sirene spiegate, fu anche uno delle prime campagne di Marketing su larga scala della storia dell’automobile. Vedere le invincibili volanti della Polizia per strada, era una vetrina h 24 per l’Alfa Romeo. I potenziali clienti potevano così, passeggiando per strada, incrociare una volante e apprezzarne le numerose innovazioni tecnologiche, invogliando e fidelizzando nuovi clienti. Queste erano le prime vere Pantere della Polizia. Auto tutt’altro che comuni che hanno contribuito a scrivere una pagina di storia tecnica dell’automobilismo italiano.

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